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Gravity Rush, davvero un gioco architettonico

15 Giu 2012
Luca G
Videogames

Dopo una lunga attesa ecco giungere tra noi l’ultima creatura di Keiichiro Toyama, già autore del primo Silent Hill e di Forbidden Siren. Stavolta però il geniale game designer giapponese lascia i territori horror per entrare nel surreale con Gravity Rush. Il titolo è un’avventura incredibile, fatta di piccoli tocchi di classe, sorretta da fili praticamente invisibili, capace di veicolare un piacere dal sapore esotico e inatteso.

Ma un’avventura che va vissuta in prima persona per essere carpita nella sua interezza. Non si tratta di un prodotto perfetto, ma sopperisce a qualche lieve défaillance grazie a un’incredibile classe e a un concept che, per quanto semplice da descrivere in poche parole, è capace di incantare fanciullescamente.

Gravity Rush è un’avventura in terza persona che ricorda parecchio franchise più recenti come inFamous e Prototype, con i quali non condivide soltanto il concept dell’eroe dotato di superpoteri, ma anche l’impostazione vagamente free-roaming: Kat può infatti esplorare Hekseville i suoi quartieri, man mano che si sbloccano progredendo nella storia, interagendo con alcuni abitanti e affrontando alcune sfide opzionali tra un capitolo e l’altro.

Lo stile architettonico della città che fa da sfondo al gioco assomiglia, ad esempio, a quello visto nel Castello Errante di Howl, e l’intera opera omaggia a più riprese il regno animale, elevandolo perfino a tessitore dei destini del mondo. La struttura del gioco prevede numerose missioni che si sbloccano avanzando, ed oltre a quelle necessarie per far progredire il gioco abbiamo anche parecchie side-missions di varia natura, le quali consistono generalmente in sfide a tempo. Un gioco decisamente particolare.

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Gravity Rush



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